Novembre si apre, il primo giorno del mese splende di un sole di fine estate, ma effimero.
Giusto un paio d'ore, e poi l'autunno si innesta nel tempo e nelle ossa, con il suo carico di pioggia, umidità e grigiore diffuso.
Noi come foglie di uno stesso albero, scivoliamo lentamente su prati diversi, ognuna volteggiando cullata da un soffio di vento, leggero e leggiadro.
Siamo qui, a guardare il foliage multicolore; a respirare il primo freddo e a rispolverare giacche di panno e togliere giubbini dall'armadio.
Ce ne stiamo, qui è la, ciascuno raccolto e raggomitolato, come gatto a fianco del caminetto.
L'estate ormai è una foto sulla parete, la felicità del tepore serale, il desiderio di uscire dalle mura di casa, per ritrovare frescura e distrazioni, sono ricordi scivolati nel cassetto, assieme alle infradito e ai cappelli di paglia a tesa larga.
E quindi siamo qui, ognuno a calibrare il termostato dell'anima adeguandolo alle nuove temperature, cercando una quota che sia tollerabile e sopportabile. Non troppo elevata, ma nemmeno insufficiente per il giusto sollievo, necessario a distrarci dalla routine di giornate troppo corte per goderci il sole tiepido.
Lo so, ermetismo.
Ma ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera.